Milano, troppi decessi: chiude temporaneamente il crematorio

Una lista di attesa lunghissima al crematorio di Lambrate, tragica conseguenza dell’aumento delle morti per Coronavirus.

Sembra di tornare a quell’orribile immagine, a Bergamo, quando in piena prima ondata della pandemia i morti erano troppi e i posti nei crematori non bastavano per loro.

Nessuno vuole ripetere quello scenario, nessuno vorrebbe rivedere quelle immagini, nessuno vuole rivivere quel momento cosi tragico!

Eppure a Lambrate, Milano, la storia, anche se in piccola dose, si sta ripetendo!

Il crematorio di Lambrate infatti, non avendo posto a sufficienza ed una lista di attesa lunghissima di circa 20 giorni, ha deciso di chiudere per il momento fino a dopo le festività natalizie, esattamente fino al 3 Gennaio.

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Milano, troppi decessi: chiude temporaneamente il crematorio

Lo ha deciso il Comune con un’ordinanza emessa in seguito all’incremento dei decessi dovuto alla seconda ondata dell’epidemia di Covid.

“La seconda ondata pandemica ha determinato un incremento della mortalità a Milano e, come conseguenza necessaria, la Direzione comunale competente ha già limitato l’accesso al Crematorio di Lambrate ai soli defunti residenti a Milano a partire dal 5 novembre 2020”, questo ciò che si legge nel comunicato.

Situazione molto simile anche in Veneto, dove gli obitori sono al colmo e di conseguenza le salme vengono spostate direttamente in container e celle frigorifere utilizzati per le merci.

Succede a Legnago, la cittadina di 25 mila abitanti dove ha sede il secondo polo sanitario pubblico della provincia. L’ospedale non riesce più a gestire il record dei contagi, ricoveri e decessi: l’obitorio è pieno, per cui le bare vengono spostate nel contenitore d’acciaio collocato all’esterno.

Testimonia il il chirurgo Ivano Dal Dosso, segretario veronese del sindacato dei medici Anaao: «Siamo in una situazione di estremo stress, a Legnago l’altro giorno in pronto soccorso c’erano 49 pazienti, di cui 20 in attesa di un letto. Ormai si gestiscono i malati direttamente lì, con il casco Cpap, come se fosse una terapia semi-intensiva. E questi pazienti non risultano nemmeno censiti nei bollettini della Regione, perché tecnicamente non sono ricoverati».

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