Accusato di avere ucciso la moglie Catya, si toglie la vita in carcere

Era accusato di avere ucciso la moglie strangolandola e buttandola giù per le scale, si è tolto la vita in una cella di isolamento a Caltagirone.

Non ha retto al dolore e probabilmente al rimorso di avere ucciso la moglie che voleva lasciarlo. Era in cella di isolamento, Giuseppe Randazzo, e si è tolto la vita nel giorno in cui il Gip aveva confermato la sua carcerazione.

Come abbia potuto suicidarsi dentro un carcere non è dato a sapere, ma questa è un’altra storia.

Era detenuto nel carcere di Caltagirone, dove era stato portato il 13 agosto scorso. Giuseppe Randazzo, ceramista di 50 anni, era stato arrestato dalla polizia per l’uccisione della moglie Catya Di Stefano, di 46 anni, dalla quale si stava separando. L’uomo si è impiccato nella sua cella.

Accusato di avere ucciso la moglie Catya, si toglie la vita in carcere: non accettava la separazione

Proprio ieri il gip di Caltagirone aveva convalidato il suo arresto ed emesso nei suoi confronti un’ordinanza di custodia cautelare in carcere. Sulla morte dell’uomo ha aperto un’inchiesta la Procura di Caltagirone.

Randazzo era accusato di avere ucciso, al culmine di una lite, la moglie davanti la porta d’ingresso dell’abitazione della donna. La vittima aveva avviato le pratiche per la richiesta della separazione.

Lui voleva salvare la relazione ma la moglie era determinata ad andare avanti. Il pomeriggio di cinque giorni fa Randazzo era andato ad attenderla davanti casa per l’ennesimo tentativo di riappacificazione. Ne è nato, invece, un violento alterco, finito in tragedia.

Il suicida era stato trovato dalla polizia accanto alla moglie, sotto choc, in lacrime e in evidente stato confusionale. Agli agenti non seppe fornire alcuna spiegazione sull’accaduto. La donna presentava delle lesione e l’uomo aveva dei segni di colluttazione.

Dopo un lungo interrogatorio la Procura di Caltagirone aveva deciso di disporre l’arresto. Sarà l’autopsia a chiarire l’esatta causa del decesso, che potrebbe essere un ematoma cerebrale interno o asfissia.

La vittima era un’operatrice socio sanitaria che lavorava nell’assistenza di disabili del Calatino.

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