Di Maio: “Le 70 firme non sono contro di me”

Una nuova tegola su Di Maio: con un documento, sottoscritto da 70 senatori grillini, si contesta il suo ruolo di capo politico dei 5Stelle 

Di Maio Reddito di cittadinanza
Luigi Di Maio (Getty Images)

Una volta sbarcato a Roma, di ritorno da New York, dove ha partecipato insieme al Premier Giuseppe Conte ai lavori dell’Assemblea Generale dell’Onu, il Ministro degli Esteri Luigi Di Maio, dopo aver soffocato sul nascere un potenziale focolaio di polemica con il Premier sul tema delle tasse sulle merendine, dovrà fronteggiare una fronda all’interno del proprio movimento. Infatti, ieri, l’assemblea dei senatori del M5S, convocata per eleggere il capogruppo in sostituzione di Patuanelli, nel frattempo nominato Ministro dello Sviluppo economico, è terminata con un testo, sottoscritto da 70 senatori, con il quale si chiede di rivedere i poteri del capo politico. Ebbene, Luigi Di Maio, chiamato in causa, in un colloquio con Rainews24, ha respinto fermamente l’ipotesi secondo la quale è in atto una fronda contro di lui.

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Di Maio: “Le 70 firme non sono contro di me. E’ solo un malinteso”

Si difende a spada tratta il Ministro degli Esteri, nonché capo politico del 5Stelle, mettendo sul piatto della bilancia l‘80% delle preferenze con il quale è stato eletto alla guida del movimento pentastellato: “Sono stato eletto come capo politico con l’80% delle preferenze. C’è sempre una voce che si leva in dissenso ed è giusto così. Ma far passare quelle 70 firme per 70 firme contro di me. Persone con cui lavoriamo sempre mi hanno chiamato e mi hanno detto “è un grande malinteso, non è contro di te ma per rafforzare il Gruppo parlamentare”. Nessuna fronda“. Dunque, tutto chiarito, si tratta solo di un equivoco, non certo la prima concreta manifestazione di una certa insofferenza alla leadership di Di Maio che da qualche tempo serpeggia tra i parlamentari grillini. O, piuttosto, Di Maio preferisce interpretarla in tal modo non nutrendo il minimo dubbio sulla sincerità dei propri compagni di partito. Del resto, come sentenziava Seneca, “ci sentiamo d’accordo con tutti quelli che ci proclamano gli uomini migliori e più saggi pur sapendo che sono gente avvezza alla menzogna“. E chi più di un politico pratica la menzogna?

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