Giudizio finale sul caso della maestra e delle foto hard: condannate preside e mamma

La direttrice dell’Istituto è stata condannata insieme ad una delle madri che ha aiutato la diffusione del materiale privato della maestra.

Chiuso definitivamente il caso riguardo la maestra d’asilo a Torino, accusata per alcune foto hard girate in rete a sua insaputa per colpa dell’ex fidanzato.

La maestra, obbligata dalla direttrice dell’Istituto alle dimissioni forzate dopo la condivisione di immagini private, è risultata parte civile, ottenendo un risarcimento sulla vicenda.

Oltre alla condanna di un anno e mezzo di reclusione per quest’ultima, è arrivata una seconda condanna di una delle madri che ha contribuito più di tutte alla diffusione delle immagini private della maestra con toni scandalistici.

Giudizio finale sul caso della maestra e delle foto hard: condannate preside e mamma

 

La dinamica di diffusione delle immagini è iniziata a partire dall’ex fidanzato della vittima, il quale aveva condiviso tramite un gruppo di calcetto le foto hard della sua ex fidanzata per divertimento.

Le foto sono poi finite davanti ad uno dei padri dell’asilo, anch’egli coinvolto in un altro processo sulla vicenda, il quale ha poi condiviso le foto, scandalizzato, con la moglie.

A quel punto l’inizio della diffusione di immagini tra i gruppi di mamme e l’inizio della difficoltà per la maestra.

La questione di diffamazione riguarda la condivisione di 28 immagini ed un video erotico da parte dell’ex fidanzato della vittima all’interno appunto del gruppo di amici.

La ragazza ha più volte richiesto all’uomo la cancellazione dei file incriminati, sempre subendo il rifiuto di quest’ultimo.

Dolorose e di imbarazzo erano state le parole della vittima a riguardo della vicenda:

Quel giorno fui sottoposta a un processo sommario la direttrice mi apostrofò con frasi irripetibili e mi disse che era meglio me ne andassi spontaneamente, altrimenti avrebbe dovuto scrivere sulla lettera di licenziamento il motivo. E aggiunse che non avrei trovato più lavoro, che non mi avrebbero assunta neanche per pulire i cessi della stazione. Che su di me ci sarebbe stato un marchio indelebile”.

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