Uber licenzia casualmente alcuni autisti: lo ha deciso l’algoritmo

In Gran Bretagna, alcuni autisti della piattaforma Uber sono stati licenziati senza apparente motivo, lo ha deciso un algoritmo.

Uber licenzia casualmente alcuni autisti: lo ha deciso l'algoritmo
Fonte foto: (Pixabay)

Alcuni driver britannici, hanno fatto a giusta ragione causa all’ex datrice di lavoro madre, l’azienda Uber. Infatti più di un lavoratore, si è ritrovato a dover dire addio al proprio posto, senza spiegazioni. A decidere, è stato un algoritmo.

Secondo l’accusa, l’azienda avrebbe quindi violato il Regolamento generale sulla protezione dei dati (GDPR) dell’Ue, per le limitazioni alle aziende, sui dati dei lavoratori. L’algoritmo infatti, si sarebbe servito di questi dati per selezionare i driver da licenziare casualmente, con l’accusa di una condotta fraudolenta.

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I conducenti chiedono l’annullamento dell’algoritmo

I loro colleghi, trasportatori di bus turistici, hanno protestato nelle scorse ore a Napoli, preoccupati dai decreti legge che mettono sempre più in difficoltà i lavoratori. Questi driver britannici invece, non conoscono nemmeno il motivo del loro licenziamento.

Per loro, che si sono rivolti ad un Tribunale in Olanda, si sta interessando della vicenda, l’App Drivers & Couriers Union (ADCU), che racconta di contare più di mille casi del genere. L’avvocato che segue la vicenda, Anton Ekker, ha affermato quanto segue: “Sappiamo per certo che Uber sta utilizzando algoritmi per le decisioni riguardanti le presunte e non accertate frodi dei conducenti e la loro esclusione dall’app. Questo sta accadendo ovunque”.

I lavoratori, chiedono al Tribunale, che l’algoritmo venga annullato per sempre. “Un giorno sono andato a lavorare e l’app mi ha detto che non mi era permesso accedere e che avrei dovuto chiamare l’assistenza clienti – Racconta un autista che preferisce restare anonimo – Quando ho chiamato mi è stato detto che il mio account era stato disattivato perché ero impegnato in attività fraudolente, senza specificare quali. In un anno e mezzo ho chiamato Uber più di 50 volte ma nessuno mi ha mai fornito una spiegazione“.

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