75 anni fa la bomba atomica su Hiroshima: i 160 mila uccisi dagli americani

Hiroshima, il Giappone commemora i 75 anni dall’orrore atomico. La mattina del 6 agosto 1945 il bombardiere B29 statunitense “Enola Gay” sganciò la “Little Boy” sul centro della città.

A vedere le immagini che oggi arrivano da Beirut, anche volendo non si riesce a non pensare alle bombe atomiche di Hiroshima e Nagasaki. Il paragone tra le esplosioni è impossibile, ma quel fungo che si leva al cielo del Libano, evoca sempre ricordi drammatici.
Oggi, 6 agosto, a distanza di 75 anni dal bombardamento atomico di Hiroshima, e malgrado l’emergenza coronavirus, il Giappone commemora l’anniversario della tragedia all’interno del parco del Memoriale della Pace, al centro della città.
Alle 8:15 esatte il rintocco della campana ha scandito l’inizio del minuto di silenzio: l’orario esatto in cui l’ordigno atomico venne sganciato dal bombardiere B29 statunitense “Enola Gay”, provocando oltre 160mila morti.

Il numero dei partecipanti è stato ridotto con rappresentanti di 80 nazioni che hanno accompagnato il premier nipponico Shinzo Abe. Una lista coi nomi delle vittime è stata esposta dentro il cenotafio, e comprende le persone decedute negli ultimi dodici mesi.

Nel discorso iniziale di commemorazione il sindaco di Hiroshima, Matsui Kazumi, ha sollecitato i Paesi del mondo a unirsi contro le minacce che affliggono l’umanità, ripudiando ogni forma di nazionalismo estremo.

Pur essendo l’unico Stato vittima di un attacco atomico, il Giappone non è tra i firmatari del Trattato di non proliferazione nucleare siglato nel luglio del 2017 da un totale di 122 nazioni.

Hiroshima, quella mattina del 6 agosto 1945

la celebre e commovente foto del fratellino morto portato a spalle

Il mattino del 6 agosto 1945 alle 8.16, l’Aeronautica militare statunitense lanciò la bomba atomica “Little Boy” sulla città giapponese di Hiroshima, seguita tre giorni dopo dal lancio dell’ordigno “Fat Man” su Nagasaki.

Per la gravità dei danni diretti ed indiretti causati dagli ordigni, e per il fatto che si è trattato del primo e unico utilizzo in guerra di tali armi, i due attacchi atomici vengono considerati fra gli episodi bellici più significativi dell’intera storia dell’umanità.

La scelta del 6 agosto si basò sul fatto che nei giorni precedenti diverse nubi stratificate coprivano la città, mentre il giorno dell’attacco il tempo era variabile. Per la scelta fu deciso di far decollare, prima della missione vera e propria, un B-29 senza armamento, il cui compito era quello di indicare al comando la situazione del tempo sopra le città scelte per lo sgancio.

Circa un’ora prima del bombardamento, la rete radar giapponese lanciò un allarme immediato, rilevando l’avvicinamento di un gran numero di velivoli americani diretti nella zona meridionale del Giappone.

L’allarme venne diffuso anche attraverso trasmissioni radio in moltissime città del Giappone, e fra queste anche Hiroshima. Gli aerei si avvicinarono alle coste dell’arcipelago giapponese a un’altezza molto elevata.

Poco prima delle 08:00, la stazione radar di Hiroshima stabilì che il numero di velivoli entrati nello spazio aereo giapponese era basso, probabilmente non più di tre, perciò l’allarme aereo venne ridimensionato.

I tre aeroplani americani erano i bombardieri Enola Gay, The Great Artiste e un altro aereo, in seguito chiamato Necessary Evil, cioè “Male necessario” (l’unica funzione di questo aereo fu quello di documentare, attraverso una serie di fotografie, gli effetti dell’impiego dell’arma atomica).

Il normale allarme aereo non venne azionato, dato che veniva normalmente attivato solo all’approssimarsi dei bombardieri. Alle 08:15 l’Enola Gay lanciò “Little Boy” sul centro di Hiroshima.

L’esplosione si verificò a 580 metri dal suolo, con uno scoppio equivalente a 13 chilotoni, uccidendo sul colpo tra le 70.000 e le 80.000 persone. Circa il 90% degli edifici venne completamente raso al suolo.

Testimone oculare del bombardamento di Hiroshima fu il padre gesuita e futuro generale dei gesuiti Pedro Arrupe: si trovava in missione in Giappone presso la comunità cattolica della città e che portò aiuto ai sopravvissuti.

«Ero nella mia stanza con un altro prete alle 8.15, quando improvvisamente vedemmo una luce accecante, come un bagliore al magnesio. Non appena aprii la porta che si affacciava sulla città, sentimmo un’esplosione formidabile simile al colpo di vento di un uragano.

Allo stesso tempo porte, finestre e muri precipitarono su di noi in pezzi. Salimmo su una collina per avere una migliore vista. Da lì potemmo vedere una città in rovina: di fronte a noi c’era una Hiroshima decimata.

Poiché ciò accadde mentre in tutte le cucine si stava preparando il primo pasto, le fiamme, a contatto con la corrente elettrica, entro due ore e mezza trasformarono la città intera in un’enorme vampa. Non dimenticherò mai la mia prima vista di quello che fu l’effetto della bomba atomica: un gruppo di giovani donne, di diciotto o venti anni, che si aggrappavano l’un l’altra mentre si trascinavano lungo la strada.

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