Corte Suprema di Cassazione, il saluto romano va condannato

Corte Suprema di Cassazione, il saluto romano va condannato
Corte Suprema di Cassazione (Matthias_Lemm, Pixabay)

La Corte Suprema di Cassazione ha stabilito che chi esegue il saluto fascista deve essere condannato: confermata la condanna dell’avvocato che nel 2013 aveva appunto eseguito il saluto romano

Chi esegue il saluto fascista deve essere condannato: a stabilirlo è la Corte Suprema di Cassazione, confermando la condanna a un mese e dieci giorni di reclusione con pena sospesa di un avvocato che nel 2013, durante una seduta pubblica della commissione congiunta del Consiglio comunale di Milano su sicurezza e coesione sociale sul piano Rom, aveva fatto, appunto, il saluto romano.

Secondo la Cassazione si tratta di una “manifestazione esteriore tipica di un’organizzazione politica perseguente finalità vietate” sulla base della legge Reale-Mancino, a cui non è possibile applicare il principio della “non punibilità per particolare tenuità del fatto”.

Vani dunque i tentativi dell’avvocato di chiedere la non punibilità per la particolare tenuità del fatto facendo presente che quel giorno si discuteva il ‘piano Rom’ in una “importante seduta consiliare”.

Il caso in questione riguarda un avvocato neomissino milanese che l’8 maggio 2013 fece il saluto romano a Palazzo Marino, mentre era in corso una seduta pubblica della commissione consiliare sul tema della sistemazione per i nomadi sgomberati alla fine di aprile dal campo di Viale Ungheria.

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Il saluto romano va condannato, lo stabilisce la Corte Suprema di Cassazione: la sentenza

La Suprema Corte di Cassazione rileva che occorre “ulteriormente evidenziare che la seduta consiliare si svolgeva a margine della manifestazione di protesta organizzato dallo stesso imputato a Milano, in piazza San Babila”, storico luogo dei raduni neofascisti negli anni della ‘strategia della tensione’.

Nel verdetto, la Suprema Corte ha ricordato che questo episodio è documentato da un filmato – realizzato da una giornalista – che dimostra che l’avvocato “effettuava il ‘saluto romano’ accompagnandolo dalla frase ‘presenti e ne siamo fieri'” e questo comportamento, secondo gli ‘ermellini’, dimostra la sua “precisa volontà” di “rivendicare orgogliosamente il suo credo fascista”.

Inneggiare al fascismo è vietato dalla legge Mancino, in quanto rievoca una ideologia basata su “valori politici di discriminazione razziale e intolleranza”, prosegue la Cassazione – sentenza 21409 depositata oggi e relativa all’udienza dello scorso 27 marzo – aggiungendo che il ‘saluto fascista’ seguito dalla parola ‘presente’ è una “espressione gestuale pregiudizievole dell’ordinamento democratico e dei valori che vi sono sottesi”.

Inoltre, per la Suprema Corte, si tratta di un comportamento “usuale di organizzazioni o gruppi inequivocabilmente diretti a favorire la diffusione di idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico”.

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