“Il Nord non vuole più migranti”: estate calda per Lamorgese

Governatori e sindaci di destra e di sinistra non vogliono più accogliere migranti e scrivono al ministro dell’Interno, Lamorgese.

Gli arrivi non rallentano: Lampedusa ha contato in 48 ore 23 sbarchi con 334 migranti, un ritmo di due sbarchi e mezzo ogni ora. Barche, barchini, gommoni. Uomini, donne, bambini, un anziano in carrozzina, e perfino un gattino.

Molti sindaci sono esasperati perché i migranti fuggono da tutte le parti, saltano le recinzioni dei centri di accoglienza, si dileguano per le campagne, e i cittadini protestano perché hanno paura che gli stranieri siano portatori di contagio.

Matteo Salvini insiste sul tema. Ora però a preoccupare il governo sono i Governatori, e non solo quelli di destra. Nei giorni scorsi aveva fatto la voce grossa Massimiliano Fedriga, dal Friuli. Anche Toscana e Emilia-Romagna non vogliono più migranti.

Anche il ‘tranquillo’ Alberto Cirio, governatore del Piemonte, annuncia le barricate: si prospetta un’estate davvero difficile per Luciana Lamorgese. Ieri la titolare del Viminale, ammetteva. «L’emergenza sanitaria incide fortemente anche sulla disponibilità dei territori ad accogliere i migranti, seppure con test sierologico o con tampone negativo, e concentra soltanto su alcune regioni il peso della redistribuzione».

«Stiamo facendo il possibile – ha continuato – ma ci troviamo davanti a un evento con numeri elevatissimi. Bisogna lavorare con le Regioni sul tema della redistribuzione. Ovviamente ognuno si preoccupa che dal un punto di vista sanitario ci sia una garanzia. E noi stiamo lavorando per questo: fare i tamponi e poi redistribuire i migranti in modo che non ci sia preoccupazione alcuna sui territori rispetto a una possibile diffusione del coronavirus».

Il Nord non vuole più migranti, rischio tensione sociale e le torture in Libia

Il rischio è che esploda la tensione. Solo ieri, il governatore del Veneto, Zaia, in merito al maxi focolaio di Treviso, aveva dichiarato: “i migranti senza se e senza ma portano solo guai”.

Ne parla anche Luigi Di Maio, che ha richiamato  l’Europa ai suoi impegni: «Non dobbiamo avere paura di dire che in questo momento l’Italia da sola non ce la può fare. Serve un’azione di ampio respiro sul tema, che salvaguardi la tenuta sociale del Paese».

Tutto mentre in Libia è una continua tragedia. Di chi fugge da guerre e carestie. Basterebbe leggere il rapporto dell’Unhcr, l’agenzia dell’Onu per i rifugiati, che boccia senza appello la Libia e che mette nero su bianco quel che tutti sanno: non solo non è un porto sicuro, ma è la tappa finale di un viaggio costellato da abusi, esecuzioni sommarie, torture, lavori forzati, pestaggi, violenze sessuali su donne e bambini.
Secondo il rapporto, in Libia, i migranti hanno spesso disturbi psichici gravi derivanti dai traumi subiti. Poi – sempre che la Guardia costiera non li riporti indietro con le maniere forti – si avventurano per mare e spesso non arrivano a destinazione. Secondo il rapporto, almeno 1750 migranti sono morti nel 2018 e nel 2019.
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