“I nostri cari bruciati senza funerali, come abbiamo potuto accettarlo?”

Bellissima intervista al filosofo Giorgio Agamben: ha commentato un suo articolo intitolato “Una domanda“: si tratta di una riflessione sul periodo che stiamo affrontando.

Presi come siamo da un lungo periodo surreale che ci ha costretti a fare cose che mai avremmo immaginato, è giusto fermarsi un attimo a pensare.

E a venire in nostro soccorso c’è un filosofo: Giorgio Agamben, che più volte ha scritto  considerazioni sulla «confusione etica» che il virus ha creato nel nostro paese.

Diversi giornalisti, e in più occasioni, hanno etichettato i pensieri dello studioso come farneticazioni.

Giorgio Agamben è intervenuto ad una trasmissione radiofonica, Zapping Radio1, e ha detto la sua sul coronavirus e le conseguenze su tutti noi.

«Com’è potuto avvenire che un intero Paese sia, senza accorgersene, eticamente e politicamente crollato di fronte a una malattia?»

Giancarlo Loquenzi, che conduce il programma radio, ha citato la parte introduttiva dell’articolo del filosofo, chiedendo quale sarebbe secondo lui la risposta.

Giorgio Agamben ha precisato che il suo compito è fare domande più che dare risposte. «La domanda, che oggi vorrei precisare, è piuttosto questa: perché le persone sono state così terrorizzate da essere indotte ad accettare delle cose normalmente assolutamente inaccettabili?»

Come esempio porta la cremazione dei defunti: «i nostri cari sono bruciati senza funerali, è una barbarie che non è mai avvenuta».

E ha insistito sulla limitazione senza precedenti della libertà di movimento «mai date nella storia del paese, né nelle due Guerre Mondiali, né sotto il fascismo».

In molti hanno detto che «era necessario perché era in pericolo la vita di tutti e di ciascuno» ma questa risposta per Giorgio Agamben non è sufficiente.

«Il modo in cui vengono date le cifre dei decessi è privo di ogni rigore scientifico. Se non vengono messe in relazione con la mortalità annuale nello stesso periodo, né vengono date le cause effettive, non hanno valore scientifico», ha continuato il filosofo.

«Il numero dei morti è impressionante ma una volta che lo si rapporta alla mortalità effettiva le cose sfumano, cambiano». 

Giorgio Agamben: “misure restrittive per coprire gli errori”

«Non voglio dire che non c’è l’epidemia ma non è di dimensioni tali da giustificare delle misure così estreme» ha affermato Giorgio Agamben.

«Nasce il legittimo dubbio che diffondendo il panico e isolando i cittadini, si sia voluto scaricare sulla popolazione delle responsabilità del governo, dello smantellamento del sistema sanitario» ha aggiunto.

In riferimento alla Lombardia, ha detto: «Sono stati fatti degli errori gravissimi e sembra che si vogliano coprire per non affrontare il problema». 

L’accademico continua a domandarsi: «Perché si è voluto creare e diffondere il panico di questa pestilenza, coi dati che ancora non sono chiari e tali da giustificare questa cosa? E comunque l’inumanità non si giustifica».

Loquenzi fa notare a Agamben che forse le decisioni sono state prese per il principio di precauzione e che senza queste misure sarebbe potuto andare anche peggio.

Allora l’accademico ha controbattuto: «Per un rischio si devono commettere atti contrari all’etica? Io ritengo che non basti l’idea di un rischio».

«La dichiarazione di stato d’eccezione è il modo in cui le democrazie sono scivolate nel totalitarismo. Sono anni che viviamo in stato di perenne emergenza come quella economica o del terrorismo. Si vuole far vivere le persone in uno stato di perpetua crisi e perpetuo stato di eccezione».

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