Com’è possibile che un partito che sta al 2 per cento sia diventato così determinante per la sopravvivenza del governo?
Notizia di ieri: con 160 no, 131 si e 143 astenuti, l’aula del Senato ha respinto la mozione di sfiducia presentata nei confronti del Ministro Alfonso Bonafede da parte di Emma Bonino e del Centrodestra. Fin qui la cronaca.
A risultare decisivi per salvare la poltrona traballante del ministro della Giustizia, travolto dallo scandalo della scarcerazione dei boss al 41 bis, ma anche dalla mancata designazione del magistrato Di Matteo a capo del Dap, sono stati i voti di Italia Viva, il partito di Matteo Renzi.
Se i 17 senatori renziani avessero sommato i loro voti a quelli delle opposizioni, la mozione sarebbe stata accolta. E proprio per questo, fonti interne a Iv, hanno rimarcato il fatto che soltanto grazie a loro il governo sta ancora in piedi.
Una scelta che però ha creato alcuni malumori dentro Italia Viva, con Anzaldi, uno degli esponenti più importanti del partito, che ha espresso pubblicamente una certa incredulità sulla decisione del suo leader.
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Lo stesso Renzi, poco prima di comunicare ai suoi la volontà di votare no alla mozione di sfiducia, aveva dichiarato via social che si trovava di fronte a una delle scelte politiche più difficili da quando è entrato in politica.
Com’è possibile che un partito che attualmente, secondo i sondaggi, naviga tra il 2 e il 5 per cento, sia così decisivo nel determinare il destino di questo governo?
I motivi sono sostanzialmente due. In primo luogo la rottura strategica di Renzi con il Pd. Come ricorderete aveva deciso di lasciare il partito di cui era stato segretario, nel momento migliore possibile: quando cioè poteva disporre all’interno dell’esecutivo di due ministri, e di un numero di senatori sufficiente a mettere in difficoltà una maggioranza che è anche molto più risicata di quello che sembra.
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In secondo luogo c’è il fatto che nonostante Renzi si trovi attualmente a capo di un partito che alle prossime elezioni rischia persino di rimanere fuori dal parlamento, la coperta mediatica che gli viene concessa, e le sue innumerevoli apparizioni televisive, gli permettono di dettare l’agenda politica e di picconare il governo catalizzando su di se l’attenzione mediatica.
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