Vittorio Sgarbi, condanna per insulti a un magistrato in tv

Vittorio Sgarbi, condanna per insulti a un magistrato in tv
Vittorio Sgarbi (Bruno Cordioli, Wikipedia)

Condanna in via definitiva in seguito al ricorso respinto: Vittorio Sgarbi diffamò Rosario Lupo, all’epoca dei fatti giudice per le indagini preliminari di Firenze

Arriva la condanna in via definitiva per il critico d’arte e politico Vittorio Sgarbi. Nel 2010 diffamò in tv l’allora GIP di Firenze Rosario Lupo, pur senza citarlo direttamente, difendendo l’operato di Bertolaso. Sgarbi aveva presentato ricorso.

La quinta sezione penale degli Ermelli ha però di fatto dichiarato inammissibile il ricorso di Sgarbi contro la sentenza di condanna emessa dalla Corte d’appello di Genova nel marzo 2018.

I fatti al centro del processo, come detto, risalgono al 17 febbraio 2010.

Nel corso della trasmissione di La 7 ‘Tetris‘, Sgarbi, commentò un’ordinanza cautelare emessa nell’ambito del procedimento che vedeva indagato anche l’allora capo della Protezione civile Guido Bertolaso.

In quel caso Sgarbi parlò di “magistrato criminale” e di “intercettazioni illegali“.

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Vittorio Sgarbi, condanna per insulti a un magistrato in tv: le motivazioni espresse nella sentenza

I giudici di piazza Cavour hanno così bocciato il ricorso della difesa, con il quale si lamentava sia l’incompetenza territoriale del tribunale di Genova, a favore di quello di Roma, sia l’individuazione del giudice Lupo come persona offesa.

La Suprema Corte, inoltre, non ha condiviso i rilievi di Sgarbi concernenti l’aggravante “dell’attribuzione di un fatto determinato”.

Nella sentenza, infatti, si osserva che “accusare un magistrato di avere utilizzato intercettazioni illegali evoca un comportamento, deontologicamente riprovevole e giuridicamente scorretto, assolutamente specifico, in quanto relativo all’utilizzazione procedimentale di captazioni effettuate al di fuori dei limiti di legge”.

Sgarbi sarà costretto anche a pagare le spese processuali, versare tremila euro alla Cassa delle ammende e rifondere le spese di parte civile, liquidate in 2.300 euro.

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