Iva al 22% sugli assorbenti, la protesta: “il ciclo non è un lusso”

Tampone assorbente
Tampone assorbente

Gli assorbenti femminili sono tassati al 22%, al pari di altri beni di lusso. Scoppia la protesta su Change.org, che tuona: “Il ciclo non è un lusso”

 

Il ciclo non è un lusso“, così protesta la petizione nata e diffusa a macchia d’olio su Change.org contro l’Iva sugli assorbenti. A prendere l’iniziativa è Onde Rosa, che punta il dito contro la “Tampon Tax”, l’imposta Iva al 22% che grava sugli assorbenti femminili, al pari di altri beni di lusso. “Chiediamo che la tassa sia abbassata al 4% e che quindi gli assorbenti siano considerati beni di prima necessità”, così si legge nell’appello. La petizione, rimbalzata all’impazzatasul web, ha raccolto numerosi sostenitori: nelle ultime ore ha raggiunto le 20.000 firme. Tra i firmatari non ci sono solo donne, ma anche uomini che riconoscono il valore sia simbolico che pratico di questa richiesta. Il caro assorbenti, infatti, rischia non solo di discriminare le spese femminili in sé, ma anche i bilanci di intere famiglie in cui ci sono più donne in età mestruale. Soprattutto, Onde Rosa denuncia il fatto che i rasoi da barba, tipicamente maschili, siano tassati al 4%, trattamento diverso da quello riservato agli assorbenti.

Iva sugli assorbenti: gli altri Paesi

La protesta nata su Change.org contro l’Iva sugli assorbenti al 22% sta raccogliendo sostenitori sotto lo slogan “Il ciclo non è un lusso“. Le richieste non sono del tutto nuove: lo scorso 30 novembre, sulla stessa piattaforma, una petizione al governo chiedeva gli assorbenti gratuiti. Si tratta di una tematica molto sentita, in quanto si collega sia alla lotta alla discriminazione di genere, nonché alla contribuzione dello stato nelle spese dei cittadini. In molti altri Paesi del mondo, per esempio, dispositivi sanitari come gli assorbenti sono acquistabili a prezzi inferiori di quelli nostrani. Altrove, inoltre, sono gratuite per le fasce di popolazione meno abbienti. Lo stesso discorso vale per i contraccettivi femminili e maschili, che spesso in Italia raggiungono costi davvero insostenibili, soprattutto per i giovani.

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